a cura di Paola Di Giammaria
con la collaborazione di Francesca Martusciello
Raffaello visto attraverso gli occhi della fotografia, a cinquecento anni dalla morte del grande urbinate: i Musei Vaticani ne ‘raccontano’ il mito attraverso il nuovo mezzo tecnico che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si affianca all’incisione e alla stampa di traduzione, via via soppiantandole nel loro ruolo divulgativo.
Nell’ottica di condivisione della missione dei Musei del Papa, le stampe fotografiche e i negativi su vetro della Fototeca storica dei Musei Vaticani, solitamente accessibili solo a studiosi e specialisti e, dunque, sconosciuti al grande pubblico che ne ammira i capolavori, sono qui presentati in un’iniziativa che, per effetto della pandemia, si è preferito tradurre in una mostra digitale nel catalogo online del sito web dei Musei Vaticani, accessibile a tutti e quotidianamente visitato da migliaia di persone.
La gran mole di materiale presente nella Fototeca e i permessi di accesso concessi dalla Direzione tra il 1860 e il 1954 attestano come, dalla fase pioneristica della fotografia ad almeno tutto il terzo decennio del Novecento, le opere vaticane di Raffaello siano state al centro dell’interesse di artisti, copisti e fotografi. Pioniere nel 1866 fu Pietro Dovizielli; dopo di lui nomi come i Fratelli Alinari, Giacomo e Domenico Anderson, Giacomo Brogi, Michele Danesi, Giuseppe Felici, Romualdo Moscioni e i Sansaini, che hanno segnato il definitivo successo della nuova disciplina come mezzo di riproduzione, documentazione e diffusione.
Una piccola ma significativa selezione di sessantacinque stampe fotografiche di vario formato e tre negativi su vetro, rende omaggio all’opera dell’urbinate e agli indiscussi capolavori del soggiorno romano al servizio dei pontefici Giulio II e Leone X, come le Stanze e le Logge che portano il suo nome. Le albumine e le stampe al carbone dei fratelli Alinari e dei Brogi o le successive stampe alla gelatina di Moscioni e Anderson mostrano come la fotografia, attraverso l’evoluzione dei raffinati procedimenti tecnici, si proponga ben presto come mezzo all’avanguardia nell’osservazione diretta del modello, capace di restituire appieno l’alta maestria di Raffaello. La tecnica fotografica si rivela straordinario strumento di verità e affascinante testimonianza degli allestimenti degli ambienti o della movimentazione delle opere mobili e, tema quanto mai attuale, dello stato conservativo delle pitture a cavallo tra Otto e Novecento.
Tra le opere selezionate, due lastre su vetro di grande formato, realizzate tra il 1881 e il 1884 da Romualdo Moscioni, il cui corpus di circa 15.000 lastre costituisce la parte più ragguardevole dei fondi storici della Fototeca, che testimoniano il passaggio di consegne per la riproduzione delle opere d'arte dall’incisione alla fotografia e un’autocromia della Disputa del Sacramento, opera di Luigi Pellerano, uno dei pionieri di questo particolare procedimento che consentiva nei primi del Novecento la realizzazione di lastre di vetro a colori. L’eccezionale patrimonio su vetro (circa 49.000 lastre) è stato in molta parte digitalizzato (ad oggi circa 28.000 lastre), dopo un intervento conservativo e la messa in sicurezza a cura del Laboratorio di restauro opere su carta dei Musei Vaticani, nell’ambito del progetto avviato nel novembre 2016 da Barbara Jatta, con l’intento di renderlo fruibile e accessibile gradualmente nel catalogo online. Tra i tanti esemplari dedicati a Raffaello in Vaticano spiccano le grandi lastre Moscioni che riconsegnano la sublime arte del pittore divino secondo visioni, prospettive, scelte tecniche dell'autore, e ribadiscono l’approdo della fotografia nei Musei Vaticani come documento, destinato agli archivi, e documentazione specialistica a corredo e supporto per l’operato di studiosi, restauratori, addetti alla conservazione, ricerca e divulgazione del patrimonio storico-artistico museale.
Infine, tra le rarità proposte, una pubblicazione del 1921 commissionata alla Ditta Danesi da Benedetto XV per il IV centenario della morte di Raffaello, che riproduce la Stanza della Segnatura attraverso centoventicinque illustrazioni in fototipia, di cui alcune a colori restaurate per l’occasione, insieme ad altre sei albumine di grande formato, dal Laboratorio di restauro opere su carta.
A distanza di oltre un secolo la memoria fotografica delle opere vaticane di Raffaello giunge fino a noi come un patrimonio ancora vivo, ricco di suggestioni e riferimenti al contesto museologico e museografico.
Paola Di Giammaria