Prefazione di Barbara Jatta
Testo critico di Paola Di Giammaria
Prefazione
Dopo l’esperienza positiva della prima mostra digitale sul sito web dei Musei Vaticani, nella sezione del catalogo, dedicata a Raffaello e la fotografia storica dei suoi capolavori vaticani, si prosegue con un’iniziativa analoga, questa volta dedicata all’Apulia Monumentale, la campagna fotografica condotta nel 1892 dal grande fotografo documentarista Romualdo Moscioni (1849-1925) per l’allora Ministero della Pubblica Istruzione dell’Italia appena unita. Oggetto delle sue suggestive fotografie, i monumenti romanici pugliesi, lucani e campani. I preziosi negativi di questa campagna, così come di tutto il Fondo Romualdo Moscioni (oltre 15.000 lastre di vetro), sono conservati nella Fototeca dei Musei Vaticani, che, in una prima selezione presentata in questa occasione, li rende accessibili a tutti nell’ottica di condivisione che caratterizza i Musei del Papa.
L’occhio e la mano del fotografo vedutista esperto si rivelano nelle splendide immagini che rendono ancora più belli e affascinanti le basiliche romaniche o i castelli della Puglia, a volte sospesi in una luce quasi trasparente, o case e palazzine, colte invece nel brulicare della vita cittadina. Il tutto evidenziato da inquadrature scelte con cura, da tagli molto precisi, dall’uso di tecniche sofisticate, come illustrato nel testo critico di Paola Di Giammaria, responsabile e curatrice della nostra Fototeca storica. Per me, poi, un’emozione particolare vedere nello scatto di Moscioni la cattedrale di Ruvo, luogo molto caro e pieno di ricordi.
I files digitali dei negativi esposti, qui accompagnati anche dalle stampe fotografiche eseguite negli anni 30 del Novecento, sono stati oggetto di un prestito alla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari che ha curato la mostra fotografica Apulia Monumentale - Il viaggio di Romualdo Moscioni, al fine di creare, mediante l’utilizzo di tecnologie digitali innovative, uno conoscenza integrata dell’opera e dello stile fotografico di Moscioni, arricchendo l’esposizione delle stampe fotografiche conservate nella Fototeca dell’istituzione barese. Questa è stata l’occasione che ha dato impulso a questa esposizione digitale, per divulgare in modo scientifico e accessibile, l’attività di uno dei maggiori fotografi specializzati nelle veduta e nella documentazione del paesaggio e delle opere d’arte, a cavallo tra Otto e Novecento, e che ha lavorato molto nei Musei Vaticani, lasciandoci documenti preziosi sia della statuaria classica così come dei grandi capolavori murali di Raffaello e Michelangelo. Il Fondo Moscioni, arrivato negli anni 30 del Novecento, è il fiore all’occhiello della Fototeca storica dei Musei Vaticani, ed è attualmente, al pari di tutta la collezione su vetro, in fase di digitalizzazione e catalogazione: un progetto ambizioso che ha dato vita al catalogo online della Fototeca, in graduale incremento.
Barbara Jatta
La campagna fotografica "Apulia Monumentale" e l’uso della fotografia come documento nell’Italia postunitaria
Romualdo Moscioni con le sue fotografie ha documentato e interpretato il suo tempo. In Italia, nei primi decenni postunitari, sorsero numerose istituzioni preposte anzitutto alla inventariazione sistematica delle opere d’arte e dei monumenti italiani, oltre che alla loro tutela e conservazione. In questo contesto il Ministero della pubblica istruzione, all’epoca la massima autorità per la tutela del patrimonio artistico, nel 1878 esortò i governi provinciali a dare incarico di svolgere campagne fotografiche per documentare in particolare le architetture medievali delle singole regioni e nel 1881 istituì la Direzione generale antichità e belle arti che, in piena sintonia anche con la neonata disciplina storico-artistica, da subito si accorse del potenziale insito nel nuovo mezzo fotografico. La fotografia come funzione documentale era prassi già consolidata da almeno vent’anni. Nessun’altra invenzione si diffuse in così poco tempo in tutto il mondo, trasformando i codici di lettura attraverso un linguaggio condiviso e duttile. Le nuove campagne fotografiche attivarono un processo di ricognizione documentale su tutto il territorio italiano dopo la sua unificazione, e la fotografia divenne pratica consueta per arricchire la conoscenza del patrimonio nazionale, per lo studio e l’insegnamento delle belle arti, per verificare lo stato conservativo e avviare cantieri di restauro. Nel 1893 venne emanato il Regolamento per le riproduzioni fotografiche dei monumenti e opere d’arte, che prevedeva la consegna delle copie alle biblioteche, a cui seguirono le proteste delle ditte fotografiche e la conseguente sostituzione del decreto con disposizioni più ragionevoli.
Un anno prima Moscioni aveva ricevuto l’incarico della campagna fotografica pugliese. L’Apulia Monumentale, da lui conclusa nell’estate del 1892, non solo costituisce un primo completo inventario del panorama monumentale locale, ma rappresenta anche una vera e propria esplorazione e visualizzazione del Sud d’Italia.
Dopo alcune campagne fotografiche di modeste proporzioni condotte in Puglia, ricca di monumenti normanni e svevi, da alcuni fotografi locali, venne proposta una campagna di dimensioni più estese per la quarta Esposizione nazionale, che doveva inaugurarsi nel novembre 1891 a Palermo. Ne furono promotori l’archeologo Giacomo Boni e il commissario Raffaele Lambarini, responsabile per le Reali basiliche palatine. Con questa denominazione si intendono le quattro imponenti chiese di Santa Maria Assunta di Altamura, Sant’Eustachio di Acquaviva delle Fonti, San Nicola di Bari e San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo, erette tutte tra l’XI e il XII secolo, e non sottoposte al papa, bensì legate in modi diverse alla dinastia normanna. Infatti, anche nel sistema ordinativo dei monumenti dell’Italia postunitaria rappresentavano un gruppo a parte. L’intenzione era quella di dedicare alla Puglia una sezione specifica nell’Esposizione, ma il progetto non andò in porto. Ciò non impedì al Ministero della pubblica istruzione di bandire comunque un concorso per far realizzare in un primo momento 50 riproduzioni in grande formato 30×40. Romualdo Moscioni vinse il concorso, imponendosi su concorrenti molto noti come i Fratelli Alinari di Firenze e Giorgio Sommer, di origine tedesca ma residente a Napoli. Dall’idea iniziale di assegnare al fotografo la riproduzione delle Reali basiliche palatine la campagna si estese rapidamente dal punto di vista tematico e del territorio, arrivando alla Campania e alla Basilicata.
La Fototeca dei Musei Vaticani conserva 206 negativi su vetro su un totale di 235 eseguiti da Moscioni, di cui un quinto riguarda le quattro basiliche citate, messe in vendita in un catalogo a parte del 1892 e poi nel catalogo del 1903. Alla fine della prefazione di quest’ultimo è riportata un’«Avvertenza» in cui il fotografo sottolinea l’arricchimento del catalogo con «varie e importanti riproduzioni di opere utilissime allo studio dell’arte», fra cui l’Apulia Monumentale, a cui è dedicata una sezione a sé. Ai negativi si uniscono anche 202 stampe fotografiche alla gelatina bromuro d’argento, realizzate, come si evince da timbri apposti sul verso, tra il 1936 e il 1940 da Arturo Faccioli.
Nell’ambito del progetto di cui si è parlato in precedenza, sono state tutte ordinate e messe in sicurezza in buste idonee e in cinque contenitori, con relativi indici all’interno di ognuno, e contemporaneamente è stato realizzato un inventario. Le stampe venivano eseguite a contatto del negativo, riproducendo il formato delle lastre, tutte 30×40. Si tratta di una scelta tecnica che consentiva la riproduzione di una maggiore quantità di informazioni e una resa migliore dei particolari più piccoli. Principali soggetti della serie sono le facciate delle grandi cattedrali romaniche pugliesi, i dettagli architettonici e scultorei, gli interni, con l’evidenziazione delle tracce di epoche medievali, anteriori o già proiettate nel Rinascimento, case medievali e rinascimentali, castelli, vedute marine con campanili sullo sfondo, paesaggi con le case tipiche, dai tetti a forma di trulli e infine oggetti d’arte, sempre immersi nel contesto architettonico. La ricchezza e la nitidezza dei dettagli venivano rafforzate dal procedimento al collodio, usato per realizzare il negativo, nel giro di pochi anni soppiantato dalla gelatina bromuro d’argento. La lastra originale, se messa a confronto in qualche caso con la relativa stampa, come in questa veduta del Duomo di Matera, ci permette di scoprire di più sul modo di lavorare del fotografo sia nella ripresa, che privilegia inquadrature molto ampie, sia nei trattamenti di finitura dell’immagine, come le mascherature in carta delle zone del cielo, le scontornature a tempera dei contorni degli edifici e le riquadrature con strisce di carta gommata per determinare il taglio dell’immagine da stampare. I ritocchi erano frequenti e venivano eseguiti anche per una migliore resa tonale e dei contrasti luministici.
Basti vedere la limpidezza, quasi trasparente, del paesaggio marino con in lontananza il Duomo di Trani, nella stampa del 1937 che riproduce fedelmente anche la rottura della lastra nell’angolo superiore sinistro, o l’incantevole ripresa del Duomo di Troia una delle più belle della serie, a mio parere, in cui i diversi contorni delle ombre sul pavimento della piazza sono indice del tempo di lavoro necessario per una singola riproduzione: dalla preparazione del negativo, fino alla ripresa e al suo sviluppo con successiva fissazione.
Qui si riconosce lo stile di Moscioni, interessato non solo agli edifici, ai dettagli, bensì anche ai paesi e alle persone. Nella ripresa della Cattedrale di Troia egli mette in evidenza non solo la splendida facciata ma pure la spaziosa piazza antistante con i cittadini colti in un momento di vita quotidiana. L’interesse per le persone è evidente in alcune inquadrature di case, come in quella che doveva essere una veduta di una casa rinascimentale di Corato, ma che invece finisce per assomigliare a un’animata scena di strada, in cui i primi attori sono i cittadini, alcuni soltanto accennati nella messa a fuoco, e ciò evidentemente non si deve soltanto al punto di osservazione necessario per effettuare la ripresa.
Tutte le fotografie confermano il personalissimo stile documentario di Moscioni, che si sottrae frequentemente alla simmetria architettonica in una ricerca di propri assi prospettici, in alcuni casi effettivamente insoliti. Ciò vale per anche per gli interni delle chiese, come nella riproduzione della cripta della Basilica di San Nicola di Bari, in cui la colonna, posta in primo piano quasi al centro, diventa il punto di partenza della prospettiva scelta dall’autore Senza dimenticare la sua passione per le opere singole: ne è dimostrazione una fotografia del Monumento funebre dell’arcivescovo Elia (+ 1105), con l’iscrizione posta sopra il sarcofago, in prossimità dell’ingresso per la cripta della Basilica di San Nicola. Il sarcofago, di straordinaria semplicità ed eleganza, raffigura quattro filosofi greci che dialogano al di sotto di quattro archi. Questa campagna fotografica eterogenea offriva all’osservatore materiale di studio su una regione fino ad allora poco esplorata e nel contempo trasferiva la realtà riprodotta in una quotidianità vivace e presente.
Paola Di Giammaria
Estratto da: P. Di Giammaria, (2022). Il Mezzogiorno d’Italia nelle campagne fotografiche di Romualdo Moscioni (1849-1925): Napoli e l’Apulia Monumentale: Eikonocity, 2022, anno VII, n. 2, 45-59, DOI: 110.6092/2499-1422/9038, pp. 53-58, con bibliografia e sitografia.
Eikonocity. Storia e Iconografia delle Città e dei Siti Europei (unina.it)